Il problema
L’articolo 1754 cod. civ. stabilisce che “è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”: l’esigenza che il mediatore non abbia tali legami con alcuna delle parti intermediate è funzionale a garantirne l’indipendenza e l’imparzialità, in difetto delle quali non può inquadrarsi la fattispecie nell’alveo della mediazione, con la conseguenza che non sorge il diritto alla provvigione perché il relativo rapporto sarebbe nullo. Il mediatore deve essere neutrale, intendendosi per imparzialità l’assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al “dominus” (il cliente venditore o locatore) l’attività dell’intermediario (Cass. 30.10.2019 n. 27921).
I rapporti societari tra venditore/locatore e mediatori
In questo contesto normativo ci si è chiesti, pervenendo a risposta negativa, se sia ammissibile l’attività di mediazione svolta da una società che sia giuridicamente controllata da, o che abbia legami societari con, una delle parti che concludono l’affare grazie al suo intervento: si parla in questi casi, rispettivamente, di società controllate e di società collegate a norma dell’art. 2359 cod. civ. E ciò non per la stabilità dell’affare in sé (compravendita o locazione che sia), che non può essere messa in discussione, ma per la validità del rapporto di mediazione, cui consegue appunto il diritto alla provvigione. Se questo rapporto non è valido il mediatore non ha diritto al compenso, e se l’ha già ricevuto deve evidentemente restituirlo. Secondo l’art. 2359 cod. civ. due società si devono ritenere controllate quando una disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria dell’altra o di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nella medesima assemblea, ovvero quando le due società sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Sono, invece, collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole.
Tre casi recenti
In due vicende recenti la Corte di Cassazione ha escluso che vi fosse imparzialità tra venditore e mediatore sia quando l’amministratore e socio di maggioranza del mediatore era al contempo amministratore unico e socio di riferimento della venditrice (è il caso esaminato dalla sentenza sopra citata), sia quando la società venditrice controlli giuridicamente la società mediatore, cioè appartengano al medesimo gruppo societario (vicenda giudicata da Cass. 20.8.2020 n. 17480).
La prima lite giudiziaria veniva decisa nel merito dalla Corte di appello di Torino, secondo la quale l’identità tra amministratore e socio di maggioranza del mediatore e amministratore unico e socio di riferimento della venditrice valeva a rendere l’opera della mediatrice priva dell’indispensabile requisito dell’imparzialità ed importava dunque inadempimento degli obblighi sulla stessa mediatrice gravanti, sicché era da disconoscere il suo diritto alla provvigione: la Cassazione, sebbene per ragioni meramente processuali, ha di fatto confermato il principio affermato dalla Corte di appello.
Ad analoghe conclusioni è pervenuta la Cassazione nel 2020, la quale ha ribadito che nell’interpretazione dell’art. 1754 cod. civ. si deve optare per una concezione estensiva della sua portata, dovendosi ritenere che l’imparzialità del mediatore va intesa, conformemente al dettato della norma, come assenza di ogni vincolo idoneo a rendere riferibile al venditore/ locatore l’attività dell’intermediario, con la conseguenza che nel concetto di “dipendenza” deve farsi rientrare anche qualsiasi manifestazione che comporti un “controllo societario”.
Il mediatore non può curare gli interessi di uno solo dei contraenti, mentre secondo quanto previsto dall’art. 1761 cod. civ. può esser incaricato soltanto ad attività esaurita da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi al contratto concluso mediante il suo intervento.
Una terza vicenda locatizia è stata recentemente decisa dal Tribunale di Firenze (sentenza 19.10.2022 n. 2923), pervenuto a conclusioni che paiono poco convincenti perché sembrano in contrasto con i principi sanciti dai due precedenti della Cassazione. Il giudice fiorentino, in quel caso, ha escluso che possano ravvisarsi un controllo o un collegamento societario a norma dell’art. 2359 cod. civ. nel caso in cui una persona fisica sia socio unico (ma non amministratore) di una società locatrice, nonché socio al 50% e Presidente del Consiglio di Amministrazione della società mediatrice.
Conclusioni
Quanto fin qui detto non esclude che il mediatore possa intermediare un affare solo perché legato nei termini di cui sopra a una delle parti contraenti, non essendo a rischio la stabilità dell’affare in sé, ma se vuole assicurarsi un compenso adeguato, non potendolo ricevere dall’acquirente/conduttore, dovrà chiederlo proprio al contraente rispetto al quale ha un collegamento di dipendenza.
Avv. Francesco Mainetti
Studio Nicolais Roma
francescomainetti@studiolegalenicolais.it
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