Nell’ultimo decennio sono arrivati a maturazione molti argomenti che riguardano la progettazione della casa di abitazione. Si tratta di tendenze che entrano nel dibattito sulla casa da molto tempo. La pandemia degli scorsi anni ha accelerato questi processi di evoluzione dello standard abitativo portando nuovi temi all’attenzione dei progettisti e del mercato immobiliare.
I temi principali si possono riassumere in 4 categorie:
1. La sempre maggiore attenzione agli impianti e alle prestazioni termiche degli elementi edilizi
2. La dotazione di ogni unità abitativa di spazi aperti privati di buona qualità (terrazzi, giardini).
3. La possibilità dell’utilizzo degli spazi di abitazione, oltre che per la vita domestica, anche per il lavoro da remoto.
4. Una più ricca ed articolata dotazione degli spazi comuni condominiali.
Il primo tema è reso ormai obbligatorio dalle normative vigenti, ma oltre queste è da intendersi come un tema sempre più sentito sia dagli operatori che dai proprietari di abitazioni. Il riscaldamento globale, le future regole UE e la nuova e più attenta sensibilità ai costi dell’energia, portano e porteranno ad una sempre maggiore attenzione alle tecnologie costruttive delle case di abitazione. In futuro, come già avviene per moltissimi beni di consumo (auto, elettrodomestici, ecc.) il valore di un’abitazione sarà sempre più direttamente correlato con le sue prestazioni energetiche, fino ad arrivare a porre fuori mercato le unità che avranno caratteristiche tecnologiche troppo obsolete. In molti ipotizzano che, come per altri beni di consumo, anche la tassazione sulla proprietà immobiliare verrà in futuro fatalmente influenzata dalle caratteristiche prestazionali in termini di impatto climatico, in modo da stimolare i proprietari a investire su miglioramenti prestazionali delle loro proprietà. Questi scenari pongono un tema molto rilevante sia per la progettazione che per la ristrutturazione di gran parte degli edifici che popolano le nostre città e lasciano immaginare un mercato immobiliare che ne sia fortemente influenzato.
Gli altri tre temi sono invece relativi alla progettazione architettonica, più che tecnologica dei nuovi edifici. Gli edifici di nuova costruzione, in particolare nelle grandi città, stanno subendo un profondo processo di trasformazione dato da una quantità di fattori. Negli ultimi decenni la tipologia di coloro che acquistano o affittano casa è profondamente cambiato. Le famiglie, tradizionalmente il principale fruitore del mercato di abitazione, sono diventate sempre meno numerose e sempre più “piccole”. A queste ultime si sono aggiunte varie altre tipologie di proprietari o affittuari di abitazioni: single, city-users, investitori, studenti, anziani soli e tanti altri. A questo va aggiunto un deciso aumento dei costi delle case che negli ultimi 20 anni ha portato città come Milano a raggiungere un valore medio del mq. ben superiore ai 4.000 euro/mq.
Un minor numero medio di occupanti per singolo appartamento, un maggior costo al mq, ha portato e porta le case a farsi via via sempre più piccole. Gli appartamenti coi grandi saloni, i lunghi corridoi, le stanze da 20 mq sono ormai molto rare negli edifici di nuova costruzione, perché incompatibili sia con la possibilità di spesa che con le esigenze di chi le acquisterà. A questa riduzione degli spazi si associa però una loro modalità d’uso sempre più complessa ed articolata. La casa oggi è spesso anche luogo di lavoro, luogo di incontro e tempo libero, luogo per stare all’aperto. Funzioni ed usi che prima erano poco frequenti e che oggi sono diventati quotidiani ed imprescindibili per la maggior parte di noi.
Nel progettare il layout di un appartamento oggi diventa importante prevedere uno spazio dove poter lavorare, un terrazzo dove poter cenare o fare attività fisica, un ambiente dove potere ospitare gli amici. Questo combinato disposto, apparentemente in contraddizione, pone nuove domande a progettisti ed investitori. Una delle risposte più interessanti è quella di dotare i complessi condominiali di spazi comuni che possano rispondere a quelle esigenze che l’appartamento, il cui standard dimensionale è sempre più piccolo, non può più ospitare. Sale riunione condominiali che assumono la funzione di co-working, spazi giochi per i bambini, spazi aperti dove accogliere gli amici, in alcuni casi anche cucine comuni dove ospitare cene e feste, o sale dotate di grandi schermi per invitare gli amici a vedere la partita bevendo una birra. In sostanza la casa si riproporziona su standard distributivi e funzionali che ne ottimizzano l’uso ed esternalizza le funzioni più dispendiose in termini di spazio.
Questa tendenza, di per sé dedotta da condizioni molto pratiche: i costi sempre più alti delle case e la dimensione sempre più piccola dei nuclei famigliari che le occupano; pone oggi una questione nuova, quella della (ri)costruzione di una comunità a livello di caseggiato. Siamo abituati a pensare il condominio come una comunità abbastanza fredda, a volte addirittura inospitale, dove il livello di condivisione si limita alla ripartizione delle spese e spesso a scontri fra diversi interessi.
Questa percezione della comunità condominiale è però piuttosto recente. Per lunghissimo tempo e fino ad una generazione fa, il condominio era percepito come una comunità di base, non sempre armoniosa, ma sempre reale, presente nella vita delle famiglie. I bambini (spesso numerosi) giocavano nei cortili, le famiglie si conoscevano e tenevano rapporti di vicinato spesso (chiaramente non sempre) di buona qualità, scambiandosi piccoli servizi o semplicemente facendosi compagnia. Come ogni comunità, a partire dalla famiglia, potevano essere armoniose o disfunzionali, ma come per le famiglie, in media rispondevano efficacemente ad una domanda di appartenenza e di mutuo interesse.
Le nuove caratteristiche della casa che non è più in grado di accogliere efficacemente le funzioni più dispendiose in termini di spazio e la nuova composizione degli abitanti, spesso soli o suddivisi in piccoli nuclei famigliari, rimette in gioco questo interesse a realizzare una forma di condivisione degli spazi e dei servizi. Ritorna cioè ad essere vantaggioso la costruzione di una comunità che sappia gestire con soddisfazione ciò che condivide.
Non più il condominio percepito come mero ostacolo al raggiungimento dell’indipendenza piena del nucleo famigliare, ma la comunità di caseggiato come luogo dove condividere un certo numero di servizi e utilità, impossibili da insediare all’interno della singola unità immobiliare, ma desiderabili al fine di migliorare la qualità del vivere.
Arch. Matteo Vischioni
matteovischioni@costruzioniitaliane.it
www.costruzioniitaliane.it
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