A MUMBAI PALAZZO DI LUSSO CON STOVIGLIE LOW COST
Sarà anche la terza economia asiatica – con una crescita del Pil che sfiora il 10% e oltre 200mila milionari tra i suoi cittadini – eppure l’India rimane un mercato difficile per i brand del lusso.
Immaginate di chiamarvi Nita Ambani, di essere sposata a uno degli uomini più ricchi del mondo e di dover arredare la casa più grande e costosa del pianeta (un palazzo di 27 piani in uno dei quartieri più esclusivi di Mumbai, costato circa un miliardo di dollari). Ebbene, probabilmente non perdereste tempo a confrontare i prezzi di mobili e oggetti in cerca del più conveniente, ma acquistereste senza rimorsi qualunque oggetto soddisfi il vostro palato. Ma la signora Ambani no: come riporta la Reuters, al momento di acquistare 25mila stoviglie in porcellana Noritake (prestigioso marchio giapponese), ha preferito fare il suo ordine in Sri Lanka, spendendo meno della metà.
Sobrietà di gandhiana memoria? Difficile crederlo, guardando le immagini del loro spettacolare palazzo, ispirato in molte sue parti al Mandarin Hotel di New York. Oltre 37mila mq di superficie calpestabile che racchiudono appartamenti con ogni genere di sfarzo, oltre a piscina, sala da ballo, cinema, health club e ben sei piani dedicati solo ai posti auto. Eppure l’episodio riflette un atteggiamento comune tra i paperoni indiani, culturalmente poco propensi a fare spese folli, che sta creando non poche difficoltà ai grandi brand del lusso che tentano di espugnare la roccaforte asiatica. La causa principale, secondo gli esperti intervistati dalla Reuters, sono gli alti dazi sulle importazioni imposti dal governo di Nuova Delhi, che arrivano fino al 30%. Si aggiungano la penuria di infrastrutture e di immobili retail adeguati, una burocrazia elefantiaca, ed è facile capire le difficoltà che i big del lusso incontrano quando cercano di ricreare nelle strade di Mumbai o Calcutta un’atmosfera paragonabile a quella che si respira sulla Fifth Avenue, Bond Street, gli Champs-Elysées o via Montenapoleone.
In breve, i ricconi indiani – imprenditori, finanzieri o attori di Bollywood – preferiscono scatenarsi in spese pazze all’estero e per i brand occidentali diventa poco conveniente aprire un negozio monomarca nelle metropoli indiane. Molti Hotel di lusso ospitano già vetrine di marchi come Dior, Hermès o Louis Vuitton, ma i negozi monomarca o gli shopping mall restano una rarità. Basti pensare che il numero di flagship store del lusso è di gran lunga superiore in Cina, che sta per diventare il terzo paese per il mercato globale del lusso. Il problema interessa anche i grandi marchi del made in Italy. In attesa di leggi e infrastrutture che permettano di espugnare la fortezza indiana, i gruppi italiani studiano tutte le strategie per catturare i clienti indiani. A cominciare dal loro gusto, certo diverso da quello occidentale, come ha fatto Bottega Veneta, che ha scelto di lanciare ”Knot India”, edizione in 25 esemplari diuna tra le più celebri delle sue borse.
Fonte Casa 24 – Il sole 24 ore – 30 agosto 2011